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Scenari futuri per Brand designer
27 March 2024 — Un corso accademico per allargare la prospettiva progettuale, nello spazio e nel tempo
Le elezioni per il parlamento europeo sono alle porte e, puntualmente, sul sito del ministero dell’interno sono stati pubblicati i simboli elettorali di tutte le liste. Oltre ai grandi partiti, nell’elenco si trovano decine e decine di partitini e liste che spuntano come funghi ad ogni chiamata elettorale, nella speranza di raccogliere almeno i voti dei propri familiari.
Se anche i simboli delle maggiori forze politiche fanno spesso storcere il naso a chi si occupa di comunicazione visiva, figuriamoci quelli delle liste minori, che non possono permettersi di affidare la loro immagine a uno studio grafico e probabilmente non vogliono pagare un professionista.
Questa è la mia personale classifica dei peggiori simboli che potrete segnare con una X sulla scheda elettorale, con un racconto della loro genesi. Vista la fulgida bellezza e perfezione grafica che li permea, considero quasi un oltraggio sporcarli con la matita, poi fate voi…
N.B.: La lista prevede un solo candidato, tale Lamberto Roberti
(Ufficio vuoto, il capolista è seduto alla sua scrivania)
Capolista: “Ho bisogno di un logo per la Mia nuova lista per le europee!”
Capolista (con voce contraffatta): “Posso pensarci io, disegnerò un simbolo degno della Sua magnifica personalità politica”
C: “Mi sembra il minimo. Mettiamoci le stelle dell’Unione Europea e poi il nome”
C (c.v.c.): “Quale colore preferisce per identificare la lista?”
C: “Un solo colore non basta per esprimere le diverse anime che convivono in questo partito…”
C (c.v.c.): “Giusto!”
C: “… mettiamoceli tutti! Un bell’arcobaleno e via!”
C (c.v.c.): “Che idea magnifica! Lei è davvero geniale…”
C: “Grazie, grazie. Adesso mettiamo il nuovo simbolo ai voti. Chi approva?”
(Il capolista alza la mano)
C: “Benissimo, approvato all’unanimità. Parli con la mia segretaria per il compenso”
C (c.v.c): “La ringrazio. Conti anche sul mio voto, Signore”
Capolista (con voce femminea): “Prego, se vuole seguirmi nell’altra stanza… preferisce assegno o contanti?”
Capolista: “Allora per prima cosa disegna un tondo, grande grande…”
Grafico: “Fatto”
C: “Poi disegna un signore e un bambino…”
G: “Fatto”
C: “Bene, ora disegna un alberello…”
G: “Fatto”
C: “E infine il mare, gli uccellini, il cielo azzurro e le montagne lontane lontane”
G: “Fatto. Ora posso andare a dormire papà? Sono già le 10 e poi la mamma si arrabbia: domani c’è la scuola”
C: “Vai pure, piccolo, ma prima metti a posto tutte le matite colorate… Oh, cavolo! Stavamo dimenticando la cosa più importante!”
G: “Cosa, papà?”
C: “Scrivi PARTITO qua, al centro… altrimenti non si capisce”
G: “Giusto…Fatto”
Capolista: “Ragazzi, fra un’ora scade il termine per la presentazione del simbolo! Volete perdere quest’occasione e consegnare definitivamente il Paese e l’Europa intera nelle mani della casta dei politicanti corrotti inciucioni velinari?”
Seguace1 e Seguace2 all’unisono: “NO!”
C: “E allora disegnate un simbolo, subito!”
S1: “Ma non abbiamo neanche un computer…”
C: “Mica siamo un partito magnaccione che prende finanziamenti dallo stato rubando dalle tasche dei cittadini per fare i suoi porci comodi. Dopo che avremo vinto queste elezioni vedremo cosa si può fare… intanto all’opera!”
(Il capolista esce sbattendo la porta)
S2: “Dai, forza passami il pennarello rosso e quello verde”
S1: “Tieni…”
S2: “Oh no, ho sbagliato a colorare, dammi il bianchetto”
S1: “Tieni…”
S2: “Ora passami il pennarello nero, per le scritte”
S1: “Tieni…”
S2: “Cazzo, si è scaricato… dovevo ancora scrivere LIVORNO. Non ti avevo detto di comprarne uno nuovo in cartoleria?”
S1: “Sì, ma il capolista non mi ha dato i soldi…”
S2: “E come facciamo adesso?”
S1: “Possiamo ritagliare dei pezzi di carta e incollarli per formare la scritta…”
S2: “Ottimo! Allora passami le forbici e la colla”
S1: “Tie…”
(Il barattolo della colla cade e si sparge sul tavolo)
S2: “Cazzo! Si è macchiato il simbolo! Aiutami!”
S1: “Non posso, ho tutte le mani sporche di colla!”
S2: “Vabbè , non importa, presentiamolo così… mica possiamo perdere questa occasione…”
(in un’agenzia grafica, entra il Messo imperiale, vestito come un galantuomo del Settecento)
Messo imperiale: “Ave atque vale, messeri. Sono il messaggero inviato per conto di Sua Maestà imperiale Rag. Dott. Mirella Cece. Desidero conferire col Mastro dipintore della bottega”
Art director (un po’ confuso): “Eccomi… mi… mi dica…”
MI (solenne): “Sua Maestà imperiale Rag. Dott. mi ha inviato per affidarvi un’importante commissione: dipingere lo stendardo ufficiale dell’impero per le prossime consultazioni elettorali”
AD: “Il simbolo, intende?”
MI: “L’impero ha bisogno di un ottimo dipintore, in grado di portare a nuovi fasti la nostra effigie ormai vetusta. Solo così potremo conquistare il Mondo noto, sbaragliando il vecchiume dell’attuale oligarchia senatoria, e portare l’innovazione al volgo. Il futuro è nel Sacro Romano Impero Liberale Cattolico!”
AD: “Sacro…?”
MI: “Sua Maestà imperiale Rag. Dott. è molto sensibile allo sviluppo della tecnologia. Affè mia, le nostre legioni hanno perfino costruito un cosiddetto sito internet. Purtuttavia, ci manca ancora uno stendardo per vincere. Conosce il modo di dire dei giovani «In hoc signo vinces», vero?”
AD: “Mm… sì. Avete già in mente qualcosa?”
MI: “Certamente, l’editto che porto meco contiene tutte le indicazioni: innanzitutto, un fondale aureo. Poi, l’immancabile drappeggio sormontato dalla Corona imperiale e gli svariati motti latini a cornice”
AD (molto confuso): “Per i motti potremmo utilizzare un Helvet…”
MI: “Non dimentichi infine l’effigie di Sua Maestà imperiale Rag. Dott.: deve essere dipinta quattro volte ai piedi della Sacra Croce della Giustizia”
AD (iniziando a innervosirsi): “Quattro volte? Ma lei sta scherz…”
MI: “Questo è quanto. La mia missione costì è compiuta. Preferisce ricevere il suo compenso in talleri, in marenghi, oppure preferisce un piccolo feudo in Gallia?”
AD (improvvisamente sorridente): “Il feudo andrà benissimo, grazie! Mi metto subito al lavoro!”
(in una taverna ormai vuota si sta svolgendo una riunione)
Capopoeta: “Non dimenticate che dobbiamo tendere all’abolizione della erronea concezione borghese dell’arte che la vuole e ne concepisce l’esistenza solo in quanto e quando questa si collochi in una nicchia ultraspecialistica e destinata a fruitori-cultori altrettanto specializzati e feticisti. Noi poeti d’azione…”
Poeta: “Scusa se ti interrompo…”
CP (infervorato): “…continuiamo ad esistere ed agire nel mondo, immenso accumulo di materiali grezzi o semilavorati di cui servirsi per plasmare e dare alla luce, con la nostra Volontà d’Azione creatrice, il Mondo-Universo della realizzazione dell’Arte e dell’Arte realizzata”
P: “No, davvero. È importante”
CP (bloccandosi): “Dimmi”
P: “Con tutto questo parlare, non abbiamo ancora deciso come fare il simbolo elettorale”
CP: “Cosa ci importa del simbolo elettorale? Quello che davvero conta è la poesia. La poesia è intrinsecamente rivoluzionaria. La poesia è rivoluzione. Essa attraverso lo svelamento-trasformazione, la destrutturazione linguistica e dei significati raggiunge l’essenza delle cose nella loro nuda essenzialità. Manifesta ciò che era latente, rende limpido ciò che appariva oscuro, trova la coercizione nell’apparente libertà, mostra l’uomo a se stesso e …”
P: “Sì, sì, va bene. Questo lo sappiamo. Ma ci serve un simbolo”
CP: “È la società post-industriale che si alimenta e conseguentemente produce di continuo questi simboli, che condivisi da milioni di persone sono consumati in massa in un rito antropofago quotidiano. L’immagine consumabile è la realtà del consumo riprodotto all’istante dai media senza la mediazione dei processi di produzione. Questa è l’economica novità della…”
P (alzando la voce): “Ma quale novità? Devi dirmi cosa cazzo dobbiamo mettere come simbolo sulla scheda elettorale!”
CP (senza ascoltare): “…la tecnologia applicata allo SPETTACOLO e ALLE LEGGI delle IMMAGINI non è più progressiva ma involutiva del senso estetico e del buon costume. Teorizzare l’arte per l’arte mediatica non salva dal naufragio dell’atomismo psicologico e sociale delle relazioni oggi particolarmente inesistenti da cui si ricava il nulla solido di leopardiana memoria…”
P (allontanandosi): “Vabbè, vaffanculo!”
* I discorsi del capopoeta sono tratti da www.poetidazione.it
Tipo1: “Uè cumpa! Zippo all’ovile!”
Tipo2: “Bella zio! Come mai te la sfanghi così flash?”
T1: “Devo fare una cosa per il bollito del mio matusa. Ha messo su un partito e mi ha detto di sparargli un logo. Se glielo faccio strong mi sgancia i palindi per il razzo”
T2: “Straziante, il razzo! Bella, così poi azzizziamo qualche gara sui razzi!”
T1: “Cioè, poi ho scaricato un programma digitale troppo serio per fare sto logo”
T2: “Che programma, tipo?”
T1: “Fotosciòp. Ma cioè, non hai capito, troppo difficile, pieno di comandi. Mi sono torrentato un tutorial in italiano e sto cominciando a fare cose troppo spaziali”
T2: “Sfordellami qualche chicca!”
T1: “No, praticamente, c’hai un cerchio, poi l’effetti con ‘Smusso ed effetto rilievo’ e, minchia flash, sembra che esce dallo schermo. Sembra treddì meglio della ìcsbocs”
T2: “Bestiale! E poi che puoi fare?”
T1: “Niente, cioè, poi puoi fare che dissolvi le cose, da che si vede a che non si vede. Tutto sfumello, troppo invisibile! E poi ci puoi bandare una linea tutta attorno alle lettere, così pure se sei una dentiera del cazzo lo riesci a leggere con tutti i colori fosfati che vuoi”
T2: “E ci puoi infargare pure l’ombra nelle figure?”
T1: “Non lo so, te l’ho detto, è troppo spagotto da imparare sto fotosciòp”
T2: “Allora quando te la porti meglio me la geipegghi la mia faccia sulla foto di spaidermentrè? Paura, troppo fizzo!”
T1: “Bella, ma prima devo finire sto logo del partito del vecchio, che sfrangiamento di palle…”
Capolista: “Mmm.. non so… c’è ancora qualcosa che non mi convince…”
Seguace: “Non le piace il simbolo?”
C: “No, non è che non mi piace… anzi…”
S: “E allora cosa c’è che non va?”
C: “È solo che… come dire… mi sembra che ci sia qualcosa di già visto in questo simbolo… di già sentito…”
S: “Che intende?”
C: “Non so… qualcosa in questo simbolo mi torna familiare, è come se avessi un déjà-vu quando lo guardo…”
S: “In che senso?”
C: “Mi sembra come se stessimo plagiando qualche altro partito…”
S: “Forse è il colore?”
C: “No, no, il giallo non è il colore di nessun grande partito… sarà qualcos’altro…”
S: “Non saprei… qualcosa non va con la bandiera italiana?”
C: “Be’ ma quella c’è in tutti i simboli elettorali…”
S: “Allora è il nome del part…”
C: “Aspetta! Invece è proprio la bandiera. Vedi, il tricolore sul nostro simbolo sembra proprio un sorriso!”
S: “Vero!”
C: “E poi sullo sfondo giallo, somiglia proprio a un smiley, come quelli degli anni ’80!”
S: “Incredibile, non ci avevo fatto caso”
C: “Ecco, allora la strana sensazione che avevo era per questo, non c’entravano né politica né plagi…”
S: “Quindi il simbolo va bene, cavalier Bellustori?”
C: “Perfetto!”
Solidarietà: “In base alle decisioni prese nella scorsa riunione, finalmente il nostro simbolo elettorale è pronto. Eccolo qua!”
Pace: “Bellissimo!”
Libertà: “Mmm…”
Giustizia: “Eh, sì, però non mi sembra giusto che il tuo nome sia così in evidenza rispetto ai nostri, caro il mio Solidarietà”
S: “Ma ci eravamo accordati così, no?”
L: “E poi, se vuoi, sei libero di leggerli dall’alto in basso, vedi? Pace, Giustizia, Libertà, Solidarietà”
G (imbronciato): “Potevamo metterli almeno in ordine alfabetico, sarebbe stato più equo a questo punto”
L: “Certo, così saresti stato tu il primo, vero?
P: “Suvvia, tralasciamo questi dissapori!”
S: “Giusto, volemose bene! Come vedete ho fatto mettere tutti i colori che volevate per i nomi: bianco, grigio, blu e rosso”
L: “Ma quello non è il grigio che volevo io!”
S: “Sì, perchè quello che avevi scelto era troppo chiaro, quindi…”
L (innervosito): “Ma sarò almeno libero di scegliere il colore che preferisco?”
P: “Dai, calmati”
S: “Sì, sì, alla fine quello che conta è che il simbolo possa esprimere i nostri valori e la nostra unione”
G: “Ecco, a proposito… ma il disegno che cosa rappresenta?”
P: “Ah, ma quella è la strada lastricata che percorriamo verso il raggiungimento della pace mondiale”
L: “Io veramente ci vedo una vela che solca il mare, sospinta dal vento della libertà”
G (interrompendoli): “No, no, aspettate… ma non temete che possa essere scambiato per un rotolo di carta igienica?”
S (confuso): “Scambiato? Ma scusate, nella scorsa riunione non eravamo rimasti d’accordo per il “Rotolone dei Valori” che si srotola verso il futuro e che igienizza il mondo della politica? Guardate, ci ho fatto mettere anche i segni per lo strappo…”
(in un deserto, due persone camminano sudate, scottate e in affanno)
Imprenditore: “Poi devi spiegarmi com’è che siamo finiti qui!”
Operaio: “Non lo so, commendatore. So solo che lei mi aveva chiamato nel suo ufficio per discutere il rinnovo del contratto e…”
I (urlando): “…e ora siamo in questo fottutissimo deserto del cazzo! Come è possibile?”
O: “Gliel’ho detto. Non ci capisco niente neanch’io. So solo che sto cominciando ad avere molta sete… Non è che ha un po’ d’acqua?”
I: “No, solo sabbia”
(continuano a camminare in silenzio per due ore, sempre più stremati)
I (sbigottito): “Ma… ma cosa… ehi!”
O: “Che succede?”
I: “Vedi anche tu quello che vedo io?”
O: “Cosa?”
I: “Proprio qua di fronte a noi… c’è un orso marsicano…”
O: “Come?”
I: “Non lo vedi l’orso marsicano??”
O: “Ma cosa sta dicendo, commendatore?”
I: “Oddio, anche i miraggi adesso…”
O: “E poi che c’entra l’orso? Almeno trovassimo un’oasi con un po’ d’acqua… la mia gola è sempre più secca… devo bere qualcosa o morirò…”
(continuano a camminare in silenzio per altre due ore, sotto il sole cocente)
I: “Ehi…”
O: “Sì?”
I (singhiozzando): “Devi farmi una promessa. Se riusciamo a sopravvivere, promettimi che fonderemo un partito”
O: “Un partito?”
I (con voce rotta dal pianto): “Lo sai… diventare parlamentare europeo è sempre stato il mio sogno, sin da quando ero bambino… fondiamo un partito insieme, tu ed io, in memoria di questa strana avventura… promettimelo… promettimelo!”
O (con un fil di voce): “Glielo prometto. Vedrà che tutto si risolverà per il meglio… tutto si rimetterà a posto in qualche modo…”
Chiedo scusa ai miei tre lettori, ma non ce l’ho fatta. Ho provato per giorni e giorni a scrivere qualcosa su questo simbolo, il primo della classifica, ma non ho potuto. Ho procrastinato la pubblicazione del podio il più possibile, ma alla fine mi sono arreso.
Come Dante, che di fronte alla visione divina si trova improvvisamente senza parole per raccontarla e scrive “All’alta fantasia qui mancò possa”, così mi sono ritrovato io di fronte a questo simbolo. L’enorme senso di impotenza che esprime mi ha pervaso, cancellando qualsiasi pensiero, bloccando sul nascere qualsiasi idea.
Dal giorno in cui ho visto per la prima volta il simbolo del partito Impotenti esistenziali, la mia vita è cambiata. Non riesco più a prendere sonno, mi sento spossato, non ce la faccio quasi a camminare. Ogni volta che lo osservo, i puntini sulle i maiuscole mi ammoniscono, mi ricordano che sono soltanto una nullità, che non valgo niente. La sua assenza di colore mi annichilisce, costringendomi alla consapevolezza di un mondo grigio. E le sbavature delle lettere confermano la mia umana imperfezione.
A un certo punto avevo anche deciso di votare per il Dr. Cirillo, poi ho capito che il mio voto da solo non può cambiare nulla. Non c’è proprio niente da fare, siamo tutti impotenti.
27 March 2024 — Un corso accademico per allargare la prospettiva progettuale, nello spazio e nel tempo